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Il Testamento e la sua interpretazione

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Il Testamento e la sua interpretazione

Nel nostro codice civile non è presente una disciplina che analizzi in generale l’interpretazione del testamento.

Il nostro Ordinamento, però, stabilisce che quanto presente nel testamento deve sempre essere oggetto di interpretazione al fine di ricostruire la reale volontà del testatore.

Questa analisi interpretativa deve essere compiuta avendo riguardo sia del dato letterale di quanto riportato dal defunto (de cuius), che da abitudini, condotta di vita, l’istruzione e il lessico comunemente utilizzato dal testatore.

  • Rilievo Codicistico

Come ogni formulazione lessicale, anche il testamento, per svolgere in maniera completa le sue funzioni, deve essere interpretato.

Solo l’interpretazione di un testo, infatti, può specificare il vero significato.

Ma, nel nostro Codice Civile e nella legge in generale, non è presente uno specifico sistema di norme che regolino in maniera analitica l’interpretazione del testamento.

Le norme facenti capo al contratto, con gli articoli da 1362 a 1371 del codice civilenon sono direttamente applicabili al testamento.

Queste, infatti devono essere applicate a negozi unilaterali tra vivi, alcune di queste, però, possono trovare applicazione analogica anche al testamento, questo perchè è necessario, nel nostro sistema, ricostruire univocamente la reale volontà del testatore, anche al di là della mera dichiarazione.

  • La ricostruzione della volontà del testatore

Risulta chiaro, quindi, il valore essenziale della volontà del testatore.

L’’interprete, per questo motivo, dovrà applicare, sia un criterio letterale, sia un criterio funzionale e, con funzionale, dato essenziale, si intende la congruità del significato letterale rispetto alla volontà del disponente, ricavabile altresì da elementi non presenti nel testamento in sè.

Elementi da considerare possono essere: le convinzioni, il grado di istruzione, il lessico normalmente utilizzato, i desideri espressi, le consuetudini e i costumi delle cerchia sociale frequentata dal testatore.

Sia dal testamento scritto che da elementi esterni allo stesso, si deve ricavare il significato di singole parole o di singole locuzioni.

Nel nostro ordinamento son presenti vocaboli tecnici che, spesso, il testatore può usare in maniera errata, attribuendo agli stessi significati differenti da quelli effettivi.

Termini come: “erede” – “erede universale” – “unico erede” – “legato” – “legatario”.

Sta all’interprete capire, effettivamente, che qualità e che che desiderio avesse il testatore.

Anche in questo caso il codice civile ci viene incontro attraverso l’art. 588 codice civile che riporta, per i casi sopra descritti, “…qualunque sia l’espressione o la denominazione usata dal testatore…”.

  • Principio della conservazione

A differenza, quindi, di quanto sancito in materia contrattuale ove vale la regola di interpretazione oggettiva per avere un significato univoco e con lo scopo di produrre effetti giuridici del contratto (principio di conservazione art 1367 cod.civ.), anche a prescindere dall’interpretazione delle parti, in materia testamentaria, troviamo una radicale trasformazione.

Sicuramente, anche rispetto al  testamento la disposizione deve intendersi nel senso in cui può avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno, ma ciò solo ove sotto la disposizione sia ravvisabile con forte verosimiglianza la volontà del testatore.

A differenza che nel contratto, insomma, il principio di conservazione potrebbe non condurre a dare alla disposizione testamentaria il significato contenuto nelle volontà del de cuius  e, per questo, viene posto a margine.